Stava per concludersi un 2015 tutto sommato senza infamia e senza gloria. Eppure, quel 28 dicembre 2015 è stato l’inizio della fine. O la fine dell’inizio.
365 giorni in cui la musica ha dovuto dire addio a molti dei suoi protagonisti, amati e odiati, noti e meno noti, ma pur sempre protagonisti.
La morte di Lemmy Kilmister è stato il primo grande lutto nella musica nell’ultimo anno solare. Da quel momento le croci sono aumentate.
La sua scomparsa però, assieme a quella di David Bowie avvenuta il 10 gennaio 2016, è stata quella che più di tutte ha segnato il destino della scena rock internazionale, se non altro per l’icona che il leader dei Motörhead ha rappresentato per tantissimi musicisti.
Avrebbe compiuto 71 anni lo scorso 24 dicembre. Con seri problemi di salute che si trascinava ormai da anni, probabilmente Lemmy non avrebbe più potuto contribuire alla musica presentando progetti nuovi, ma tutto quello che faceva ed ogni sua esibizione era considerata una benedizione.
Il clamore mediatico che ne è nato, complice anche l’era dannatamente (a)social che viviamo, ha fatto aprire una finestra sul rock anche ai non addetti ai lavori. Forse qualcuno lo ha fatto per stare semplicemente “sul pezzo”, ma in molti lo hanno fatto anche perchè colpiti da tutto ciò che ha rappresentato per intere generazioni di musicisti.
Il suo stile, il suo modo di cantare, il suo look continuano ad essere allo stesso tempo imitati, ma inimitabili.
Ci sarà sempre un solo Lemmy, così come ci sarà sempre e solo un unico whisky del Tennessee, ma contrariamente a tanti altri, per Lemmy Kilmister ci saranno sempre e solo belle parole o un “Another Perfect Day” per ricordarlo con chitarra alla mano e bicchiere (o dito medio) alzato.
– Addio Lemmy: l’unico vero rocker “trasversale”