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Vanessa Van Basten: “Disintegration” – Recensione

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vanessa van basten

“L’umanità non fa più la musica. E’ tempo di riprodurre musica antica senza vergogna!” Già con questa frase, espressa da Morgan Bellini, cantante e chitarrista dei Vanessa Van Basten, possiamo intendere quale sia l’essenza primaria che ispira e muove ideologicamente questo EP “Disintegration”, in cui la band si cimenta nella riedizione di quattro brani dei The Cure.

Ricordiamo i Vanessa Van Basten dal loro esordio del 2005, con l’album “La Stanza di Swedenborg”, in cui il combo si palesò, da subito, attraverso chiare sonorità di stampo post rock e doom. La loro carriera prosegue e vede, nel 2010, l’uscita dell’ Ep “Psygnosis”, fino a giungere alla raccolta “Ruins: Sketches and Demos”, datata 2014. Il lavoro di cui trattiamo in questa sede, come accennato, vede la riproposizione di quattro brani, in chiave personalizzata, della storica band britannica. A questa nuova fatica prendono parte artisti quali Franz Valente, batterista de Il Teatro degli Orrori ed altri ospiti come Francesco Candura dei Jennifer Gentle e Lorenzo Fragiacomo dei Butterfly Collectors. I brani in oggetto sono: “Plainsong”, “Closedown”, “Fascination Street” e “Untitled”, rinominati dai Vanessa Van Basten: “Plainbong”, “Doseclown”, “Fascination Trip” e “Retitled”.

Un’ aspetto singolare dell’EP riguarda anche la sua presentazione, poichè esso esce sottoforma di un elegante vinile, in edizione limitata, messo in commercio in sole 200 copie. Ovviamente non entriamo nel merito delle composizioni, poichè i pezzi dei The Cure fanno ormai parte del bagaglio cultural-musicale di molti di noi, ma possiamo affermare che tali covers presentano delle riproposizioni sonore molto curate, in cui sia riffs, che vanno a formare l’essenza esecutiva, che gli arrangiamenti di carattere puramente sonoro, vedono una grande cura degli intarsi elettronici e delle sfumature eteree, quali veri marchi di fabbrica di uno stile intramontabile.

A partire dalla granitica ed allo stesso tempo trasognante “Plaibong”, track che apre il lavoro ed in cui si riconosce a pieno la vitalità stilistica dei The Cure, si afferrano anche gli spunti personali, mediante i quali i Vanessa Van Basten riescono a toccare i sensi ed emozionare. L’esecuzione in chiave post rock e le sonorità più spiccatamente decadenti delle altre “Doseclown”, “Fascination Trip” e “Retitled”, ci permettono di affermare, senza ombra di dubbio, che l’esperimento è da considerarsi pienamente riuscito. Nello specifico, dalle note di “Doseclown” si riesce a captare la tipica sensazione di smarrimento a cui i creatori del pezzo originale ci hanno abituato da decenni, mentre attraversando la presentazione di “Fascination Trip” si resta colpiti per la poetica energia che sembra graffiare il cuore. Le eventuali ferite vengono poi curate e rimarginano, grazie alle melodie della conclusiva “Retitled”.

“Disintegration” non è semplicemente un album di cover, ma un tributo personale e grandioso ad artisti che hanno saputo infondere qualità del tutto uniche alla musica, mi permetto di affermare, nell’ accezione universale del termine. Anche la produzione dei brani risulta all’altezza di quanto espresso dalla band e rappresenta un tassello aggiuntivo, il quale permette di far sì che, nonostante la brevità del disco, ci si possa immergere ripetutamente negli ascolti di questi quattro capolavori senza tempo.